Una questione d’etichetta!

Le forze più retrive del Movimento biologico, hanno da alcuni mesi lanciato una crociata contro gli infedeli del Vino Naturale. Cosa di per sé singolare, considerando che il 90% dei produttori di vino naturale è certificato bio; o forse proprio per questo…Si sente continuamente  ripetere<< bisogna difendere il regolamento sul vino bio perché rappresenta una garanzia per i produttori e consumatori e perché è il frutto di un processo democratico che ha visto il coinvolgimento e la partecipazione a livello europeo di consumatori e vignaioli (progetto Orwine 2006 – 2009)>> .
A volte a queste dichiarazioni si affianca un’altra semplificazione grossolana in cui la realtà viene suddivisa in due fronti: da una parte i vini cerificati bio e dall’altra i vini naturali, il vino libero di Farinetti ed ora anche i vini “sostenibili” a marchio VIVA. C’è molta malafade in ciò è molta disinformazione interessata. Occorre fare un passo indietro: effettivamente la genesi del regolamento europeo sul vino bio, si ebbe con il progetto ORWINE, gestito da molte associazioni in ogni paese europeo (per l’Italia l’AIAB)che seppero coinvolgere migliaia di vignaioli e consumatori europei, ed i primi tentativi di approdare ad un regolamento risalgono al 2009. Ma la verità storica è un‘altra:
Roberto Pinton (Federbio)all’indomani del varo del regolamento sul vino bio, in un suo articolo ricostruisce tutti i passaggi che hanno portato alla nascita dell’attuale regolamento. Tra l’altro scrive :
<<Il nuovo regolamento sul vino biologico e la posizione di FederBio .
…Nel giugno 2010 il commissario Dacian Ciolos si era visto però costretto a ritirare la bozza di proposta della Commissione per il mancato consenso degli Stati membri…Non fidandosi molto dei tempi parlamentari, diverse organizzazioni e istituzioni scientifiche cominciavano a elaborare una“European Organic Wine Charta”, che intendeva diventare il disciplinare privato di riferimento…
Il 7 e 8 febbraio 2012 lo SCOF approvava la bozza di regolamento, che con il numero 203/2012 veniva pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’8 marzo …
Stremati dall’iter di questa norma, che dire?
…La riduzione dell’anidride solforosa è talmente limitata da non poter essere agevolmente spesa per la promozione del prodotto, che dovrà concentrarsi sugli aspetti ambientali e agricoli…Al di là degli aspetti salutistici legati all’uso dei solfiti, l’aspetto critico è che possono costituire un ausilio per la “sistemazione” di uve “così così”; la possibilità di “aggiustare” i vini in cantina non stimolerà tutti i produttori a raggiungere l’eccellenza in vigneto, e introduce elementi per
una concorrenza al ribasso, anche se, ovviamente, i produttori di qualità non avranno interesse ad appiattirsi sui limiti massimi o sull’adozione di tutte le tecniche ammesse. In ogni caso, una norma a maglie larghe mal si combina con un mercato esigente di fascia medio-alta e potrebbe non contribuire positivamente allo sviluppo del mercato delle produzioni di qualità, soprattutto nei confronti di Paesi con minor tradizione enoica, che potrebbero accontentarsi della presenza
del logo europeo…Neppure l’ammissione delle resine a scambio ionico,dell’osmosi inversa, del riscaldamento fino a 70 gradi (ma non della crioconcentrazione, quasi che portare il vino a 70 gradi sia coerente con gli obiettivi e i principi stabiliti nel regolamento n. 834/2007 e concentrarlo parzialmente a freddo no), tutte prassi diffuse nell’enologia convenzionale, siano particolarmente utili per promuovere il vino biologico.>> Questo quanto scriveva Pinton di Federbio, l’AIAB invece:
In un Comunicato Stampa del 27 agosto 2010  rilanciato dall’ADN Kronos:
<< Roma, 27 ago. (Ign) – L’Aiab-Associazione Italiana Agricoltura Biologica lancia il disciplinare per il vino biologico.
Con il provvedimento, spiega l’associazione in una nota, si intende superare l’empasse creatasi lo scorso giugno quando la Commissione europea ha ritirato la proposta di regolamento sulla vinificazione biologica per il mancato accordo tra le diverse esigenze degli Stati, con la conseguenza che il logo europeo con il regolamento sulla vinificazione e la foglia verde con le stelline sulle etichette del vino non andrà in bottiglia con la prossima primavera.>>
In quel periodo l’AIAB inviò anche una lettera aperta ai produttori in cui si invitavano gli stessi ad aderire al disciplinare di vinificazione AIAB, e nella parte finale recitava:
<< L’iter normativo la cui negoziazione è partita dai risultati del progetto ORWINE circa un anno fa si è arenato…>>
Quindi secondo Pinton la bozza fù <<ritirata>> secondo l’AIAB  si è <<arenata e ritirata>>.
Quello che non si può chiedere ai vignaioli naturali (e non) è di difendere il disciplinare europeo sul vino bio, nato e voluto dall’industria per l’industria. Quindi la verità storica è che il disciplinare sulla vinificazione bio in vigore è il frutto di opache trattative al fine di avere un regolamento ad uso e consumo dei grandi importatori del nord Europa interessati ad acquistare vini bio nei paesi mediterranei per pochi centesimi al litro, trasportarlo in cisterne fino a destinazione dove viene imbottigliato e/o l’industria che in nome dell’economia di scala, dissipa territorio, risorse, comunità rurali.  Per fare ciò hanno bisogno di vini stabilizzati e protetti da alte dosi di SO2. Quindi il discorso và rovesciato: il ” vino libero”, il vino a marchio “VIVA”, il VIVIT, hanno spazio e credibilità proprio perchè dall’altra parte vi è un regolamento INDIFENDIBILE!
Altra bufala che viene raccontata è quella secondo cui il vino naturale non fornisce garanzie mentre
<<nel biologico, invece, tale dichiarazione è confermata dalla certificazione di un organismo di controllo terzo, espressamente autorizzato dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, che ispeziona vigneto e cantina, anche prelevando campioni da sottoporre ad analisi.>>
(Federbio, febbraio 2013)
L’organismo di controllo terzo è quello pagato dal produttore. Per essere più chiari il controllore è pagato dal controllato: dove sarebbe la terzietà?
Sui campioni da sottoporre ad analisi, è vero che vengono prelevati, ma altrettanto vero che difficilmente vengono inviati al laboratorio d’analisi, perché il costo ricadrebbe ancora totalmente sul produttore. Inoltre in un sistema dove oltre 10 Organismi di Controllo, vivono in regime di concorrenza tra di loro soprattutto sui costi (non sulla qualità del servizio), verrebbe penalizzato chi aumentasse i costi a carico dei controllati (ad es. con il costo delle analisi).
I funzionari del Mipaaf , ed uno stuolo di esperti ci ripetono di continuo che le certificazioni, i controlli, le normative e le ispezioni ed i verbali con sanzioni che ne conseguono, sono a tutela dei soggetti più deboli: i consumatori ed i piccoli produttori. Ci dicono che le norme sull’etichettatura, sulle denominazioni d’origine, sul biologico ci difendono dai furbi e da chi ha più potere comunicativo di noi. Ma allora ci devono spiegare perchè chi produce vini doc e igt (con tutti i controlli che ne conseguono) se certifica le  uve bio, se ha anche la certificazione Demeter, non può scrivere in etichetta la quantità totale di SO2, gli altri ingredienti, le pratiche in campo ed in cantina? La norma che impedisce ciò quale soggetto debole tutela? A noi sembra tutelare unicamente gli interessi dell’agroindustria! Perché , gli ispettori del Mipaaf  si sono recati all’enoteca Bulzoni e da piccoli produttori naturali e non da chi propaganda il Vino Libero o il Vino Sostenibile a marchio VIVA? La repressione frodi è debole con i forti e forte con i deboli?
Ci viene risposto che dobbiamo elaborare dei disciplinari ed una proposta di legge da sottoporre all’approvazione del Ministero. Noi pensiamo che non si può normare un processo naturale che in ogni zona, in ogni cantina si svolge in maniera differente, seguendo unicamente le leggi caotiche della vita. Le norme ed i disciplinari vanno bene per i prodotti industriali, morti, senza vita. I vignaioli devono unirsi nel richiedere ed ottenere la possibilità di menzionare in etichetta le principali pratiche in vigna ed in cantina e gli ingredienti.
E’ necessario fare massa critica ma per ottenere la possibilità di riportare in etichetta gli ingredienti e le pratiche in vigna e cantina. Da anni discutiamo della necessità di un disciplinare del vino naturale e/o di una legge sulla agricoltura contadina e la trasformazione artigianale dei prodotti agricoli. Ormai siamo convinti che questa strada richiederebbe tantissimo tempo che non abbiamo; sarebbe elemento di divisione tra i vari gruppi: immaginate le divisioni su qualche mg milligrammo di SO2? o sulla definizione di agricoltura contadina e trasformazione artigianale? Inoltre si trasformerebbe presto in una trappola, che snaturerebbe gli intenti iniziali: come si fà ad inquadrare in un disciplinare un processo vitale che differisce in ogni luogo dove si svolge? L’etichetta trasparente (così si chiama e non da oggi) renderebbe obsoleta ogni diatriba sul termine naturale, che rimarrebbe a identificare il solo Movimento come è giusto che sia. Non lascerebbe più spazio e margini di manovra a furbi ed illuminati dell’ultima ora.

Gli ingredienti in etichetta e le informazioni sulle pratiche in vigna e cantina, libererebbero anche il campo dalle posizioni ambigue di quei gruppi che  pensano di contare su una rendita di posizione e si oppongono ad una crescita ed evoluzione del Movimento dei vini naturali, con affermazioni del tipo:” è solo una questione culturale, che risolveremo con il manifesto del vino naturale, sottoscritto dalle tre principali associazioni…” Ma non sono gli unici a difendere lo stato attuale delle cose:
Dal sito della FIVI (www.fivi.it) leggiamo:
<<La CEVI sulle proposte della Commissione sull’etichettatura
Come comunicato negli ultimi mesi la CEVI sta svolgendo una forte azione sindacale per cercare di evitare che il vino venga assimilato a qualsiasi altra derrata alimentare…La UE tende a semplificare i propri impegni assimilando il vino alle altre derrate alimentari complicando la vita ai produttori ed ai consumatori. Da questo nessuno ha da guadagnarci. Immaginate un etichetta del vino trasformata in uno sterile elenco con le incomprensibili quantità di carboidrati, proteine e grassi, magari una altrettanto incomprensibile lista di ingredienti: E220, … etc.
LETTERA DELLA CEVI AI DEPUTATI EUROPEI

I Vignaioli Indipendenti Europei, forza viva della viticoltura europea rappresentati dalla CEVI, sostengono l’esenzione dell’etichettatura delle calorie e degli ingredienti per il vino, proposta dalla Commissione europea nel progetto di regolamento concernente l’informazione dei consumatori sulle derrate alimentari (COM 2008-0040), e valicata in 1° lettura sia dal Parlamento europeo che dalla posizione del Consiglio.

I Vignaioli Indipendenti Europei domandano il mantenimento di questa esenzione per tre ragioni essenziali:

il vino non è una derrata alimentare come le altre
il consumatore non desidera queste menzioni sulle etichette del vino
le imprese dei vignaioli indipendenti desiderano restare competitive

Perché penalizzare la competitività delle nostre imprese per un’informazione che i consumatori non vogliono? FIVI.>>
Non c’è da stupirsi se i rappresentanti di questi gruppi e associazioni, li ritroviamo insieme ad organizzare il VIVIT all’interno del Vinitaly! Altro che questione culturale, è in atto uno scontro di interessi in cui il piccolo vignaiolo  o si organizza, difende, resiste o muore!
I vantaggi dell’etichetta trasparente:
– è la soluzione più rapida e veloce perché fa riferimento a deliberazioni già assunte dalla Commissione Europea.
– è uno strmento flessibile adattabile ad ogni realtà  ad ogni annata secondo il principio “Il vignaiolo dice quello che fa e fa quello che dice”
– è uno strumento di promozione unico, formidabile, perché non può essere copiato e replicato dall’industria (a differenza del bio).
-è un’arma formidabile, rende ogni nostra bottiglia un prodotto inimitabile e non lascia spazio ai furbi.
– al di là di quanto scrive la FIVI crea una nuova solidarietà e fidelizzazione con i consumatori.
– con il tempo potrebbe divenire un elemento di semplificazione e sburocratizzazione, rendendo inutili altre certificazioni.
Lanciamo subito una campagna per l’etichettatura trasparente.

Ass. Contadini Critici

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il segreto del grano duro

LA RICETTA SEGRETA AMERICANA PER FARE GRANO DURO DI QUALITÀ !!!

[4] Ahinoi, arretrati durogranicoltori della italica penisola, il
lettore “comelafalce” (seppur io all’inizio fossi scettico ed
intimamente convinto che mi raccontasse una sorta di mito rurale
americano facilmente smontabile) ha aperto una finestra su una realtà a
me (e penso anche a molti di voi) totalmente sconosciuta.

Aveva completamente ragione lui e lo ringrazio per avermi messo a
conoscenza di quale perla di agrotecnica si fregiano alcuni dei nostri
competitori più agguerriti sul mercato mondiale del grano duro, verso i
quali peraltro i nostri pastai nutrono una vera e propria venerazione
[5].
Ma andiamo con ordine: il grano duro è una specie originaria del Medio
Oriente [6], e nel nostro ambiente Mediterraneo, per come essa
naturalmente si sviluppa, è considerata coltura a semina
autunno-vernina con maturazione e raccolta in estate (sino anche a
Mantova fanno così). In altre parti del Mondo (Canada, USA,
etc.) invece viene coltivata a ciclo primaverile estivo, con raccolta
di granella (molto ricca in proteine rispetto alle nostre, invero) tra
fine estate ed inizio autunno.
_ [7]
Va però considerata la posizione geografica dei territori del Canada e
degli USA dove è maggiormente diffusa la coltivazione. Si tratta di
Stati settentrionali molto freddi immediatamente al di sotto del Circolo
Polare Artico [8]!! (immaginate un po’ voi che differenza rispetto al
naturale ambiente nel quale il frumento duro si è evoluto).
Ebbene cosa avviene in questi territori, soprattutto quando la semina è
stata ritardata o quando l’autunno si dimostra più anticipato, freddo e
piovoso del solito? Avviene che la granella ha difficoltà a maturare ed
a passare allo stato vitreo (o lo fa in maniera disomogenea). In più,
con le prime piogge di fine estate si sviluppano, all’interno del campo
di grano, delle infestanti tenere tenere che rendono le operazioni di
mietitrebbiatura molto difficoltose.
[9]
Cosa sperimenta allora il prode farmer Americano con l’aiuto sempre
vigile e presente della solita Monsanto (manco a farlo apposta sempre
lei in tutte le vicende più controverse)? Un bel trattamento con
glyphosate (Roundup) 7-14 giorni prima della raccolta (trattamento
pre-harvest [10] lo chiamano), il grano matura rapidamente (ma sarebbe
meglio dire secca, come seccano le infestanti)  e si risolve il
problema.
Ed è una pratica comunissima: ecco qua ad esempio dal sito “Farm
Progress [11]” cinque regole per l’applicazione pre-raccolta di
glyphosate, e sponsorizzata dalle istituzione pubbliche. Dal sito del
Ministero dell’Agricoltura dell’Ontario (Canada) [12]: vantaggi, quando
applicare, cautele.   
E guardate qui, su quante colture [13] utilizzano questa tecnica
ricorrendo al glyphosate o ad un prodotto essiccante ancora più rapido
chiamato “Regione” (ma solo sulle dicotiledoni). 
Altro aspetto non secondario, secondo alcuni studi americani, il
trattamento pre-harvest migliora la qualità  [14]del glutine delle
granelle trattate:  [15] Protein quality of durum wheat was affected by
glyphosate and paraquat applied at 50% moisture as indicated by higher
gluten index and SDS-microsedimentation values compared to those of
untreated durum._

Ed a quanto pare, dal tenore di molti articoli che ho letto, il farmer
medio americano è anche convinto di innalzare il livello proteico delle
granelle con il trattamento pre-raccolta.

Ora come ben sappiamo il glyphosate è un erbicida non selettivo, non
prescrivibile almeno in Italia per colture da consumo alimentare. E’
previsto il suo utilizzo soltanto per trattare erbe infestanti.

Lo stesso governo Canadese, che tuttavia ne consiglia l’uso [16],
avverte gli agricoltori di non utilizzare, la granella prodotta dai
raccolti trattati con glyphosate, come seme, in quanto, non solo vi
sarebbe un abbattimento della capacità germinativa, ma le piante nate
dai semi trattati potrebbero essere affette da rachitismo e deformi
(questo per dire che la presenza del glyphosate o dei suoi derivati nel
seme permane per un certo tempo!).

_ [1]Pre-harvest glyphosate applications can cause germination and
possibly vigor problems in the spring. The seed may germinate but the
seedling may be stunted and deformed. Seed may have good germination
in the fall but poor germination in the spring. It is good practice to
make sure you do a germination test again in the spring. Another thing
to consider with pre-harvest is that maltsters generally reject seed
that has been treated with pre-harvest glyphosate._

In più, ho trovato uno studio specifico sulle applicazioni di
glyphosate pre-harvest [17] (pagg. 679-682) dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità e della FAO che ha riscontrato residui  sulle
granelle e sul macinato da esse derivato. Inoltre uno studio specifico
proprio canadese [18] sul frumento tenero ha evidenziato che trattamenti
con glyphosate, a dosi elevate ed in relazione alla maturità della
granella, possono accumulare nelle cariossidi residui ben superiori ai
limiti di legge.
Qui un articolo [19] in italiano sugli effetti nefasti del glyphosate
sulla salute, e vi tralascio la grande mole di articoli più o meno
allarmisti che troverete sul web facilmente.
Tra l’altro, a torto a ragione, almeno a giudicare da quanto si trova
sul web, il glyphosate è comunemente rifiutato dal consumatore medio
italiano, perfino per contenere le erbe infestanti nei bordi delle
strade [20].
Come pensate che reagirebbe sapendo di consumare comunemente pasta
(quella considerata più pregiata, peraltro) prodotta con granelle
provenienti dall’altro capo del Mondo, contenenti potenzialmente residui
di glyphosate?

Pubblicato da Granduro a 11:55

Links:
——
[1] http://4.bp.blogspot.com/-zj3dHAgjyGI/Tsylu1Ssk9I/AAAAAAAAAVE/qkeci7ejHaM/s1600/pre+harvest+photo.jpg
[2] mailto:MASSIPOST@libero.it
[3] http://www.durodisicilia.com
[4] http://3.bp.blogspot.com/-50X8Czso5vo/Tsynx9Ty9CI/AAAAAAAAAVU/jG0LqHD81r4/s1600/canadian+wheat+is+best.jpg
[5] http://durodisicilia.blogspot.com/2011/10/i-mugnai-italiani-fanno-il-filo-o-la.html
[6] http://it.wikipedia.org/wiki/Triticum_durum
[7] http://2.bp.blogspot.com/-bj6x1PovWgs/TswJm1TM_XI/AAAAAAAAAU4/tRfuCWKrrJI/s1600/carta+distribuzione+duro+canada.jpg
[8] http://it.wikipedia.org/wiki/Circolo_polare_artico
[9] http://4.bp.blogspot.com/-NOBS5Fqv6Z8/TswJmcqLZcI/AAAAAAAAAU0/l44rVxrlbmE/s1600/carta+distribuzione+duro+USA.jpg
[10] http://www.monsanto-ag.co.uk/content.output/62/62/Roundup/Roundup%20Use/Pre-harvest.mspx
[11] http://farmprogress.com/story-five-rules-for-preharvest-glyphosate-applications-0-40536
[12] http://www.omafra.gov.on.ca/english/crops/field/news/croptalk/2004/ct_0604a2.htm
[13] http://www.topcropmanager.com/index.php?option=com_content|+|amp|+|task=view|+|amp|+|id=5140|+|amp|+|Itemid=182
[14] http://www.aaccnet.org/meetings/2001/Abstracts/a01ma437.htm
[15] http://4.bp.blogspot.com/-81WFxX7dTO8/TsylyuXWv1I/AAAAAAAAAVM/OuEf6ZTWGXM/s1600/wheat_and_weeds+3.JPG
[16] http://www1.agric.gov.ab.ca/$department/deptdocs.nsf/all/faq7206
[17] http://books.google.it/books?id=9QtcuNhOz-oC|+|amp|+|pg=PA680|+|amp|+|lpg=PA680|+|amp|+|dq=who+glyphosate+wheat+mill|+|amp|+|source=bl|+|amp|+|ots=PtfU2_6U52|+|amp|+|sig=aupCKICEIR4W16iqiPht3_Fsakg|+|amp|+|hl=it|+|amp|+|ei=JK_MTqvqMIao8QOs9cDFDw|+|amp|+|sa=X|+|amp|+|oi=book_result|+|amp|+|ct=result|+|amp|+|resnum=1|+|amp|+|ved=0CCIQ6AEwAA#v=onepage|+|amp|+|q=who%20glyphosate%20wheat%20mill|+|amp|+|f=false
[18] http://pubs.aic.ca/doi/pdf/10.4141/cjps94-117
[19] http://www.ilfattoalimentare.it/malformazioni-animali-diserbante-pi%C3%B9-diffuso-mondo-note-decenni-autorit%C3%A0-nuovo-report-scientifico.html
[20] http://www.comitatinrete.it/wordpress/diserbante-sulle-strade-una-pasqua-al-glyphosate.html/comment-page-1

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Contadinicritici@inventati.org

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