Prezzo sorgente Al contadino non far sapere quanto è buono il prezzo sorgente nelle fiere e nelle filiere…
Le “Sacre scritture” recitano: “Chiamiamo prezzo sorgente il primo prezzo al quale il produttore vende il proprio prodotto. Il prezzo sorgente è quello praticato dal produttore prima di ogni altro ricarico della catena commerciale. Il prezzo sorgente non è imposto, ma deciso da ogni produttore, cosi come libero è il prezzo finale che ogni venditore affianca al prezzo sorgente…” Dal nostro dibattito abbiamo constatato che questa definizione non è sufficientemente chiara ed esaustiva. Iniziamo a definire gli obiettivi principali del prezzo sorgente: trasparenza dei ricarichi all’interno della filiera e ad ogni passaggio; Informazione al consumatore che reso edotto e cosciente dei vari ricarichi e della retribuzione del lavoro agricolo nella determinazione del prezzo finale di un prodotto, diviene con le sue scelte co-produttore; Giusta retribuzione del lavoro agricolo e denuncia dei ricarichi scandalosi di alcuni commercianti; Spezzare l’isolamento dei produttori agricoli di fronte al “mercato” e nascita di una nuova solidarietà tra di essi; Ridare ai prodotti agricoli il valore ed il senso di alimento per gli esseri umani e non semplicemente merce. Se siamo d’accordo su questi principi, possiamo continuare…. Penso sia necessario ribadire che il prezzo sorgente non può che essere unico ossia uguale per tutti i clienti indipendentemente dalle quantità acquistate. Per una o 10.000 bottiglie il prezzo sorgente a bottiglia è lo stesso; e ciò perché non pensiamo corrisponda al valore di una generica “merce”, definizione che non ci appartiene, ma bensi a quanto il produttore reputi necessario a coprire i costi di una produzione rispettosa dell’ambiente e degli altri esseri umani e sufficiente a remunerare il proprio lavoro e permettergli una dignitosa esistenza. Quindi perlomeno nel “circuito CW” che stiamo costruendo non è ammissibile praticare prezzi differenziati, anche se tramite sconti o scatole omaggio. E questo perché se siamo d’accordo che il prezzo sorgente rappresenta il GIUSTO prezzo, ossia quello che riconosce il valore del lavoro agricolo; se siamo d’accordo che il prezzo sorgente è un elemento di trasparenza nella formazione del prezzo finale al consumatore tramite il quale si stabilisce un nuovo rapporto di fiducia e solidarietà; se siamo d’accordo che le produzioni agricole non sono una semplice merce ma alimento essenziale per gli esseri umani; se siamo d’accordo che il prezzo sorgente rompe l’isolamento dei produttori agricoli creando nuove solidarietà tra di essi e con i consumatori/co-produttori, COME POSSIAMO RIVEDERE AL RIBASSO IL PREZZO SORGENTE OGNI VOLTA CHE CI TROVIAMO DI FRONTE UN COMMERCIANTE; UN DISTRIBUTORE; UN IMPORTATORE???????? Mi sembra una contraddizione in termini….il prezzo sorgente o è unico o non è! Altri dubbi sono nati su come attribuire ed evidenziare i costi accessori, del trasporto, distribuzione, fermo magazzino, ecc… Alcuni equivoci sono nati dalla estrema semplificazione fatta all’inizio, ipotizzando una vendita diretta tra produttore e rivenditore finale (enoteca, ristorante) in cui uno dei due soggetti si faceva carico dei costi accessori su detti. Anche nella carta dei vini CW, che venne stampata lo scorso anno, vi erano solo due colonne “prezzo sorgente” e “prezzo al pubblico”. Una terza colonna con un prezzo intermedio o di intermediazione, in cui far rientrare tutti i costi accessori, avrebbe senz’altro resa più chiara la formazione del prezzo finale e trasparente tutti i ricarichi all’interno della filiera. Da ciò si comprende anche che i costi accessori possono essere solo aggiunti al prezzo sorgente mai sottratti, questo nel caso che l’azienda agricola si occupi anche del trasporto e/o distribuzione dei vini; nel caso in cui di questa ultima attività se ne occupi un soggetto terzo, ad esso andrà il ricarico del prezzo intermedio.Un meccanismo simile, palesando i luoghi ed i passaggi ove avvengono i massimi ricarichi avrebbe di per sé la forza di inibirli o limitarli. Quello che dobbiamo evitare e creare un regime di concorrenza tra di noi (con sconti ed omaggi appunto) a tutto vantaggio della categoria dei commercianti; l’unica concorrenza ammessa tra di noi è quella che ci spinga ad ottenere cibi sempre più buoni e salutari. Anche per i pagamenti dovremmo stabilire un modo d’operare comune ( per es. pagamenti non oltre i 60gg). Ovviamente abbiamo la necessità di sperimentare il prezzo sorgente in un “canale protetto”, ossia presso esercizi “sensibili” alle nostre tematiche. Ciò vuol dire che pur impegnandoci ad adottare in maniera scrupolosa i principi suddetti del prezzo sorgente, nel “canale o circuito protetto”, ognuno di noi continuerà in un periodo transitorio a mantenere le stesse abitudini con altri sbocchi commerciali. Ma pensare di dare alle stampe una nuova carta dei vini o catalogo, senza aver adottato il prezzo sorgente cosi come finora descritto, oltre che inutile mi sembra ingannevole nei confronti dei consumatori. Il prezzo sorgente è l’eversione pacifica verso la quale ci spingeva Veronelli per liberarci del morbo del capitalismo che è entrato in tutti noi. Ogni altro tipo di approccio non considera le diverse solidarietà che il prezzo sorgente fa nascere e convivere, prima fra tutti quella tra produttori agricoli e consumatori che solo se uniti possono portare a termine una critica severa e radicale alla politica dei prezzi dei generi alimentari e dei redditi . Possono far comprendere che non è cara una nostra bottiglia di vino a 5-10 € ma lo è quella di un vino industriale ad 1€, prodotto industriale ottenuto senza rispetto degli esseri umani ed ambiente. Non è cara la nostra bottiglia di vino a 5-10 € , ma è bassissimo uno stipendio mensile di 600/800/1000€ che condanna a nutrirsi con i prodotti scadenti dell’agrindustria venduti nella grande distribuzione. Nessuno pensa di utilizzare il prezzo sorgente solo nei Centri Sociali, né però si può credere che al contrario l’unica strada politicamente valida sia l’immissione nel Mercato senza la creazione di un “canale protetto”. La “filiera o canale protetto” formato cioè da tutti quei locali,esercizi, che in questi anni si sono mostrati sensibili e disponibili a sperimentare il P.S., dovrà essere una soluzione iniziale e temporanea. Poi si allargherà a macchia d’olio; la strada da percorrere è questa, non una nostra immissione nella distribuzione convenzionale! Dobbiamo dare un senso alle parole d’ordine che usiamo: non vogliamo inserirci nel mercato tradizionale (semmai dobbiamo conviverci per un po’) ma creare un mercato/economia ALTERNATIVA e PARALLELA. E come possiamo creare un mercato alternativo e parallelo se ci pieghiamo alle pratiche che ci impone il Mercato tradizionale? O vogliamo illuderci che questa percentuale del 10- 15% di sconto o le scatole omaggio ed i pagamenti a babbo morto sono una nostra libera scelta? L’ipotesi di lasciare un margine del 10-15% di operatività rispetto al prezzo sorgente non è poi praticabile, perché non è possibile imporre una percentuale uguale per tutti; né è pensabile di averne di differenziate, perché ciò creerebbe concorrenza all’interno del gruppo spaccando coesione e solidarietà. Non è praticabile anche perchè si tratterebbe di un dato non oggettivo; mentre per il P.S. la definizione nella sua formulazione può essere uguale per tutti, anche se origina prezzi diversi, e quindi oggettivo e condivisibile. Dovremo avere il coraggio di spingerci oltre e mettere il prezzo sorgente in etichetta oltre a tutte le informazioni sulla produzione. Ad es per l’etichetta del vino prevedere una scheda simile:
– uso diserbo chimico si no
-uso concimi chimici si no
-uso fitofarmaci di sintesi si no
-lieviti selezionati si no
-enzimi si no
-acidificazione/disacidific. Si no
-solforosa totale
-ac. Vol.
-ac . tot.
-Zuccheri residui